Donne e Procurement: tra luoghi comuni, punti di forza e strategie

Articolo a firma di Alessandro Frè e Federico Ott per The Procurement 

Martina ha 40 anni e da un anno è responsabile acquisti di una multinazionale italiana. Si è fatta strada a colpi di esperienze, anche all’estero, e competenze – ricordarsi uno per uno i master che ha conseguito è impresa più unica che rara. Fino allo scorso anno, Martina era la responsabile di un team di cinque persone che ha saputo gestire con efficacia ed empatia. I risultati eccellenti ottenuto le hanno permesso di raggiungere il ruolo che adesso ricopre. Martina è brillante, competente e costantemente sul pezzo. Ma la sua situazione attuale, ha ormai capito, non è il traguardo di una corsa in salita, ma una continua evoluzione, un cambio di pelle. L’ennesima scalata che le si prospetta di fronte.

Ne ha avuto distinta percezione durante la sua prima riunione da responsabile acquisti quando, seduta al tavolo, sempre impeccabile e perfetta, con l’elegante outfit che l’aveva accompagnata in così tante trattative, il suo interlocutore l’aveva guardata appena e, con fare debolmente scocciato, aveva esclamato “Appena il suo capo arriva, possiamo cominciare…”
Non è un mondo privo di pregiudizi e luoghi comuni quello degli acquisti. Tutt’altro.

Se è vero che per negoziare, come diceva Nelson Mandela, bisogna essere uomini liberi, è la libertà a essere condizione necessaria per condurre una negoziazione potenzialmente vincente. A questo, aggiungiamo noi, è utile si accompagnino tecniche precise e studiate, competenze innate o acquisite e una buona dose di esperienza. Tutte cose che, sebbene siano caratterizzate da peculiarità e sfumature, non pongono automaticamente sulla bilancia differenze di genere.

Qualche tempo fa, l’azienda Oliver Wyman ha pubblicato i risultati di un’indagine dal titolo “Women in procurement”, che riportava le risposte di oltre 300 direttori acquisti sparpagliati tra Europa, Asia, Stati Uniti e collocati in 14 settori diversi, il 41% dei quali erano donne. L’indagine ha evidenziato che le donne compongono il 38% delle funzioni procuremente che ai livelli gerarchici più elevati, le donne occupano solo il 25% dei posti tra i membri dei comitati di procurement management e nei team di management.Sono invece più presenti, guarda caso, nelle categorie di procurement indiretto, finora ritenuto meno strategico ma che nel prossimo futuro è atteso assumere un’importanza sempre maggiore.

 Ma a pesare, più dei numeri, sono i luoghi comuni ancora troppo diffusi in questo settore, in particolare quelli riguardanti la stantia e antica distinzione uomo-donna. Come per tanti altri aspetti della vita, c’è ancora chi ritiene che alcune posizioni, ruoli e responsabilità siano di esclusiva pertinenza femminile taluni, maschili altri. Si ritiene che le attività in cui serve capacità di relazione e di cura verso l’altro siano prevalentemente femminili, mentre quelle che necessitano di prendere decisioni e compiere azioni concrete siano ricoperte con più efficacia da uomini. Così la leadership e la capacità di gestire dure e complesse negoziazioni, oltre alle abilità commerciali, paiono ancora considerate un’esclusiva prettamente maschile.

Ma se è vero che l’empatia femminile è fondamentale nella capacità di instaurare relazioni, non è l’unica skill per la quale le donne possono rappresentare un valore aggiunto nelle organizzazioni.

 

Stili di leadership 

Non è sbagliato pensare che il genere di appartenenza possa avere un’influenza sullo stile di leadership. Ma proprio perché parliamo di stile, sarebbe semplicistico, fuorviante e sbagliato fabbricare un facile stereotipo di leadership femminile nel quale poi forzare le donne ad adattarsi.

Forse, una scelta più lungimirante sarebbe quella di valorizzare i punti di forza della leadership di tipo femminile. Insistere sulle capacità di persuasione per esempio: non è raro riscontrare nelle leader di successo la capacità di far cambiare punto di vista e di spostare quello dell’interlocutore. Spesso poi a questo si sposa un fermo pragmatismo, oltre a una capacità di ascolto molto sviluppata, essenziale per intercettare bisogni, aspettative e opportunità nel momento in cui esse fioriscono, così da trasformarle in risorse e nuovi servizi.

Nelle leader di successo inoltre si riscontra un approccio collaborativo al problem solving: al sorgere di un problema, una forte leadership femminile tende a sviluppare forti sinergie, mettendo a valore l’empatia e investendo tempo ed energie per creare un ambiente animato da conoscenza e fiducia, in cui i membri del team possano mettere a disposizione le proprie risorse e giungere a soluzioni efficaci. Con una volontà unica a fare da comune denominatore: includere tutti i membri del team nel processo di risoluzione del problema.

Altra caratteristica che contraddistingue le leader è una visione di sistema e multidisciplinare capace di individuare quel fil rouge che connette i vari ambiti, disegnando collegamenti definiti tra il generale e il particolare.
Le organizzazioni di oggi risultano sempre più caratterizzate da diversità, quella vera, e la capacità di valorizzare le differenze permettendo ai vari individui, membri di team e organizzazioni, di esprimersi al massimo delle proprie potenzialità, farà la differenza. Anche la capacità di mantenere alta l’attenzione all’equilibrio tra vita personale e professionale saranno elementi chiave capaci di incidere anche sui numeri.

Altrettanto importante diventa la capacità di creare consenso creando reti all’interno dell’organizzazione – tra diverse aree e dipartimenti – ma anche tra l’organizzazione e l’esterno, ponendosi all’interno di network multi attori che si propongano di sviluppare un’’innovazione sempre più attenta al sociale.

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Differenze di…negoziazione

Negoziare non è facile. Lo dicono Samantha Gamberini e Renata Borgato nel loro saggio “Tre volte più grandi. In una società come quella odierna in cui il conflitto si propaga a tutti i livelli, la necessità di negoziare si annida dietro ogni angolo. E le donne in tutto questo, sostengono le autrici, hanno un approccio particolare, dettato dal fatto che non amano negoziare e preferiscono aggirare i contrasti. Negoziare cela un significato profondo: avere la capacità di utilizzare al meglio il potere di cui si dispone. Ecco perché, ricordano le autrici, agli uomini questo viene più facile: occupano da più tempo posizioni di forza. Insomma, hanno la negoziazione scritta nel DNA.

Anche perché, per giungere a una negoziazione efficace bisogna sviscerare il problema, evitare che i contrasti restino a lungo sotto traccia. Soprattutto quando non si dà voce alle proprie esigenze. Problematica insita nel genere femminile, che spesso evita di palesare il proprio dissenso. Atteggiamento che, prima o poi, conduce a un’esplosione poco produttiva, catapultando la donna proprio al centro esatto del conflitto che aveva cercato di aggirare in primo luogo.

E non basta prendere coscienza di questi meccanismi. Perché una negoziazione con un soggetto funzioni, dicono le autrici, “occorre aver precedentemente concluso con esiti positivi la trattativa con sé stesse”, ricordando che le donne non devono portare sulle spalle il peso di un passato culturalmente discriminante e quindi tentare di imitare l’uomo per risultare più adeguate agli occhi dello scrutinio sociale. Piuttosto, adottare strategie funzionali tarate sulle proprie caratteristiche.

 

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