New (Smart) Ways of Rewarding

Le nuove forme di “agile working” introdotte nel mondo del lavoro stanno, tra le altre cose, costringendo le aziende a ripensare agli schemi di Reward studiati da tempo allo scopo di attrarre, motivare e trattenere il proprio capitale umano.

Primo, perchè è inutile (oltre che incoerente) introdurre nuove forme di lavoro “smart” e poi continuare a fare “reward” come nel passato.

Secondo, perchè stanno cambiando le aspettative e i valori delle nuove generazioni (quelle che, ricordiamolo, nel 2025 saranno oltre il 65% della forza lavoro). Pensiamo ad esempio all’idea di carriera: un concetto non più legato a quel “posto per la vita” dei nostri padri ma ad una “opportunità di sviluppo” derivata dai nuovi modelli basati sull’ “employee experience”. Un concetto questo che, di fatto, mutua quello del “customer journey” personalizzato nato nel mondo del Retail.

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Fattori questi che portano ad abbandonare il tradizionale approccio legato alla “paternalistica” partecipazione dei dipendenti, per concentrarci su un nuovo “work-deal” che tenga maggiormente conto delle diverse esigenze e preferenze dei lavoratori (dipendenti e non) legati all’organizzazione.

Un qualcosa che di fatto oggi è possibile grazie alla tecnologia, sempre più in grado di gestire “big data”. E, parallelamente, capace anche di dare a tutte le persone la possibilità di entrare in “great places to work” non solo belli a livello di design, ma anche aperti a tempi e luoghi di lavoro flessibili ed ingaggianti, in cui è possibile progettare la propria carriera e così avere l’opportunità di sviluppare nuove competenze da mettere nel proprio CV.

In tutto ciò anche le organizzazioni, da parte loro, possono ottenere un vantaggio competitivo essendo in grado di attingere a pool di talenti specializzati, a diversi skillset e a personale just-in time così riducendo i costi e migliorando la velocità del business.

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Di più: le organizzazioni hanno molto da guadagnare dallo sviluppo di nuove proposte di reward. Non solo perchè così possono sviluppare appieno il concetto di lavoro “agile”, ma anche perchè possono concretamente dare maggior valore (tangibile e intangibile) a tutti coloro che popolano l’organizzazione.

Tutto ciò presuppone un maggiore collegamento tra le persone e la cultura aziendale.

Di più: una proposta di “reward journey” personalizzata può svolgere un ruolo chiave nel garantire che tutti i lavoratori vengano valorizzati per il modo in cui collegano obiettivi, persone e organizzazione. Così facendo entrare nel salario intangibile:

la Fiducia: è alla base dello Smart Working, il pilastro a cui si vanno ad aggiungere le 3B (Behaviours, Bytes e Bricks). Su questo tema invito a leggere il mio recente articolo

l’Autonomia: se tutti siamo diversi non possiamo lavorare tutti allo stesso modo! E libertà di fare delle scelte significa esercitare anche un certo controllo nel lavoro nella vita che facciamo. Ed è qui che possiamo inserire il Welfare e la Work-Life integration;

il Sense-making: a tutti piace lavorare in un contesto in cui è possibile fare qualcosa che appartiene a un qualcosa di più grande di noi!

la Collaborazione: tutto il contesto di un’azienda agile è un invito alla collaborazione. Dalla cultura che si respira fino agli spazi in cui la si vive.

Ma un’altra importante componente del “reward” Smart è l’Equità.

Inutile negarlo: ancora oggi sul tavolo del Lavoro ci sono questioni che faticano ad essere superate.

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Tra cui gli squilibri retributivi. Non parlo solo delle note differenze retributive tra uomini e donne. Ma anche, e senza fini moralistici, di un più ampio strascico che resiste alle dichiarazioni ufficiali sul trattamento salariale equo.

Un concetto, quest’ultimo, già previsto da Platone nella Repubblica quando consigliava che il divario tra stipendio minimo e massimo fosse di 1 a 5. Adriano Olivetti lo riprese quando stabilì che la differenza tra stipendio minimo e massimo stesse nel rapporto di 1 a 10. Il problema è che oggi non è infrequente vedere rapporti di 1 a 50 e oltre.

Quello di “equilibrio” è un concetto profondo che non è valido solo nel mondo “smart” degli umani. Basti pensare al famoso esperimento tenuto anni fa da Frans de Waal con delle scimmie cappuccine in cui si dimostra come, anche nel mondo dei primati, l’equità è un aspetto molto sentito!

Tornando però ad oggi, possiamo aggiungere che la parola Equità è stato riportata in auge da alcuni recenti cambiamenti nel mondo del lavoro, tra cui:

– una maggiore comunicazione tra le persone: grazie alla tecnologia, ad internet e agli strumenti “social”, piattaforme come Glassdoor, XING, salary.com, Linkedin o Google for Jobs aumentano la trasparenza anche lato “compensation”;

– i “new ways of working”: come sappiamo il lavoro agile comporta l’uso di altre “valute” nel paymix. Pensiamo ad esempio alla trasparenza, alla libertà o flessibilità di integrare lavoro e vita privata ecc.

– nuove forme di governance: quando le gerarchie si appiattiscono e la leadership è condivisa, i tradizionali sistemi rigidi (tra cui rientrano anche quelli di “reward”) non riescono più ad essere validi.

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Ecco allora che parlare di Equità significa gestire anche concetti come:

Trasparenza: al di là delle relative metriche, oggi si parla di processi (interni o esterni) trasparenti, chiari e condivisi;

Responsabilità personale: il proprio stipendio è sempre più “autodeterminato” in base ai risultati ottenuti e in casi estremi, come nel recentissimo caso della Juventus, addirittura eticamente rivedibile (e chissà se anche cedibile come le ferie);

Flessibilità: il tempo è denaro. Quindi la flessibilità o la libertà di scelta del tempo e del luogo di lavoro fanno parte della remunerazione!

We-Thinking: il cliente interno ed esterno deve essere sempre al centro dei nuovi paymix “agii”. Ecco allora emergere incentivi alternativi di team in grado di sostituire i vecchi bonus rigidi.

Ma quali devono essere le caratteristiche di un sistema di “reward agile” ?

Anzitutto la presenza di “policies” interne semplici, senza troppe pesature, che consentano di reagire rapidamente ai cambiamenti del mercato (ad esempio riducendo al minimo i vari passaggi interni o il numero di approvazioni richieste).

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In secondo luogo, una visione di reward flessibile basata sull’equilibrio tra le esigenze aziendali e quelle dei team di lavoro (usando per esempio schemi che si evolvono man mano che la composizione della popolazione cambia).

Questo significa che un team debba essere sempre pagato in maniera uguale?

No, ovviamente, perchè ogni persona contribuisce in maniera diversa al risultato!

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Quello che si può fare, ad esempio, è pagare la mediana del mercato al team e poi personalizzare il reward individuale misurando in “real-time” (…quindi senza aspettare un anno!) come ognuno ha contribuito al lavoro del gruppo. E qui può sicuramente entrare in campo il “continuous-feedback” (perché è l’intensità del feedback che determina i comportamenti): basati magari su app in stile “gamification”, nel reward è possibile introdurre ad esempio “badge o medaglie virtuali” basati su comportamenti digitalmente (etero)valutati dal famoso pollice in su!

Oltre a ciò è bene ricordare che il valore del reward è oggi definito dal destinatario più che da chi lo eroga. Non solo: gli incentivi e il riconoscimento spesso vengono usati anche per dare ai dipendenti la possibilità di esplorare il proprio potenziale all’interno di “diversi livelli di gioco”.

Ma c’è di più.

Parlare di “agile-reward” significa anche ripensare alle tradizionali metriche usate per misurare la performance individuale.

E, prima ancora, significa anche definire obiettivi ” S.M.A.R.T. (ie, Specific, Measurable, Achievable, Realistic, Timebound)!

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E’ solo fatto ciò che successivamente sarà possibile calibrare la valutazione degli “agile-workers” anche grazie a nuovi KPI. Pensiamo ad esempio a: tempo di risposta, first-call resolution, lead-time, active task volume (legato a quanti progetti lo Smart Worker riesce a seguire contemporaneamente), rispetto dei tempi e delle priorità, creazione di un network di collaborazione, numero di idee proposte e realizzate, per arrivare anche al Net Promoter Score (NPS) chiesto ai clienti interni ed esterni.

Se tutto ciò significa adottare un approccio focalizzato sul come retribuire le persone in modo da infondere collaborazione, stiamo forse assistendo anche alla nascita di nuovi processi collaborativi di negoziazione necessari per affrontare le dinamiche del lavoro.

Uno scenario più complesso che complicato. In cui forse solo una cosa resta chiara: nessun sistema è perfetto semplicemente perchè non esiste un “one-size-fits-all”!

Per concludere una riflessione finale.

Parlare di “new ways of rewarding” e di aziende “Smart” in un momento difficile come questo del #coronavirus può essere uno stimolo per provare a fare un ragionamento più profondo.

In questi ultimi mesi, che ci piaccia o no, abbiamo visto che l’attuale macro sistema economico non si è rivelato proprio “Smart”, agile o intelligente. E allora sorge una domanda: com’è possibile conciliare la presenza di nuove aziende e/o persone “Smart” all’interno di un quadro economico (che guida l’approccio retributivo) spesso tutt’altro che “Smart”?

Forse una risposta possiamo trovarla pensando che alla base delle organizzazioni e del lavoro “agile” o “smart” non c’è solo il lavoro da casa, lo SCRUM o la tecnologia che viaggia sui Cloud ma, prima di tutto, un change comportamentale basato su Fiducia e Collaborazione. E quindi chiarendo che per essere davvero “smart” è necessario – come riferito anche nel Manifesto Agile – (ri)mettere al primo posto gli individui e le interazioni più che i vari processi. Anche a livello economico.

Smart Working in (human first) Smart Economy?

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