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Paolo Donati

Il mondo del lavoro sta cambiando sempre più velocemente. Molti sono i fattori che in generale contribuiscono a generare questo cambiamento. Uno in particolare però è senza dubbio il driver principale: il progresso tecnologico.

Sempre più rapido e sempre più pervasivo, a tutti i livelli e in tutti i business, la tecnologia digitale sta ormai modificando non solo la nostra quotidianità ma anche le competenze necessarie per lavorare con successo. Diversi sono gli studi che hanno preso in considerazione i cambiamenti introdotti dal digitale, spesso però mettendo in primo piano solo il cambiamento introdotto dalle tecnologie e correlando le competenze future a quelle digitali.

Questa però rischia di essere una visione limitata qualora non si consideri il fatto che le tecnologie non sono un fine ma un mezzo per renderci (umanamente) più “smart”. Ecco perché, intese in tal modo, le “future skills” – cioè la somma delle capacità utili a risolvere un problema complesso in un contesto d’azione ancora poco conosciuto – diventano più vicine alle capacità comportamentali più che a quelle puramente digitali.

Skills e skills

A livello lavorativo, tra tutte queste “behavioural skills”, la capacità di essere “Smart Managers” è sicuramente una delle più importanti e, in estrema sintesi, può essere approfondita qui. Ma in un mondo dove tutto è sempre più veloce e tutti siamo sempre più connessi, una delle “future skills” sicuramente più importati diventa la capacità di ripensare al concetto di gestione del tempo. Di “time management” se ne parla da tempo e, come sappiamo, esistono ormai molti modelli che ci aiutano a “deframmentare” una delle problematiche più importanti a cui ogni giorno dobbiamo far fronte, dalla vita famigliare a quella lavorativa. Cosa renda “smart” e più moderno il concetto di “time management” oggi è però un qualcosa che ancora si finisce per collegare al classico taglio “tattico” del come trovare soluzioni a un qualcosa che sappiamo che arriverà. Ma chi ha detto che il Tempo di oggi è quello del passato? Solo considerando Bauman, in un “mondo liquido” il tempo non è più «la strada da fare per conseguire certe cose» ma un perpetuo e trafelato presente in cui tutto è istantaneo. Quindi se oggi tutto va più veloce, gestire ciò che sta accadendo forse rischia di essere un falso bersaglio. Molto probabilmente ciò che oggi può fare la differenza in termini di “smart time management” è anticipare (ragionevolmente) ciò che accadrà. Non fosse altro per evitare di fare “i pompieri del tempo” e così esserne travolti se non gestiti.

Anticipare il cambiamento

Anticipare il cambiamento nel medio-breve termine, sia chiaro, non significa avere “superpoteri” speciali o di tipo esoterico. Tutti i giorni infatti leggiamo previsioni su cosa accadrà a partire dal tempo meteorologico fino a quello economico o aziendale. Saper anticipare o anche solo trovare il lato nascosto di ciò che, con molta probabilità, potrà accadere domani è infatti un qualcosa scientificamente ancorato a modelli matematici o statistici: quelli che, guarda caso, proprio le moderne tecnologie – in particolare l’Intelligenza Artificiale (AI) – sempre più ci aiutano a calcolare in maniera sempre più rapida e precisa. Cercare di anticipare future patologie è qualcosa che tutti ci auguriamo possa accadere, non al contrario (un po’ come accadeva in “Minority Report”) lasciare all’algoritmo il compito di anticipare se domani sarò un bravo cittadino. Quale che sia l’oggi, resta però chiaro che – essendo sempre più connessi e in grado di generare/avere “big data” – la capacità di “fare previsioni” diventa tutto sommato oggi tecnicamente più facile.

Quindi ancora una volta ecco tornare la possibilità di essere “smart time managers”.

Una “future skill” in tutti i sensi, che allo stesso tempo ci porta ad atterrare anche su altre capacità trasversali come:

  • Saper identificare il proprio obiettivo
  • Saper gestire le priorità
  • Saper raccogliere dati e interpretare i dati, quindi avere capacità di analisi, deduzione e decodifica
  • Saper pensare e trarre risposte al di là di ciò che è meccanico o basato su regole (“adaptive thinking”)
  • Sapersi connettere (anche virtualmente) con le persone o le “communities” per raccogliere, condividere e generare informazioni (“social intelligence”)
  • Saper sviluppare il proprio intuito (per esempio sapendo uscire spesso dalla propria zona di confort)
  • Saper delegare (non si può fare tutto da soli!)
  • Saper “unire i punti” (“sense making”) e quindi “anticipare il futuro”
  • Saper come “consegnare il messaggio” in maniera efficace ai propri stakeholders

Insomma, ancora una volta torna in primo piano il fatto che la moderna “smartness” è fortemente connessa alla nostra volontà (per dirla sempre con Bauman) di saper compiere scelte ed agire efficacemente in base alle scelte compiute.

Come fare tutto ciò?

Semplice: allenandosi spesso, facendo training esperienziale, in grado di dare consapevolezza e capacità di agire in termini di “self-empowerment”.

Insomma, rivolgendosi a noi di Risorsa Uomo…

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