Articolo apparso sul numero di gennaio 2019 di Leader
C’è stato un tempo in cui le strade di Bologna erano famose per il loro ribollire di oggetti di oro falso e metalli di bassa lega. Da qui, si pensa, proviene la parola “sbolognare”, che in molti ritengono essere il sottinteso inespresso del più elegante “delegare”. La delega è una sorta di bivio di fronte al quale il manager si trova costantemente e non importa quale strada sceglierà o sarà chiamato a percorrere: prima o poi, infatti, quel bivio gli si ripresenterà davanti.
Ed è una scelta cruciale: il modo in cui un manager approccia e gestisce la delega impatta inevitabilmente su tutto il suo operato e molto influisce sul raggiungimento dell’obiettivo.
Partiamo dall’etimologia: il sostantivo inglese manager, ormai divenuto di uso comune anche lungo tutto lo Stivale, deriva dal verbo francese manager, che a sua volta proviene dall’espressione latina manu agere, letteralmente “condurre con la mano“.
Esiste un’altra versione, indubbiamente più sfiziosa, che fa risalire la nascita del termine “management” al XV e XVI secolo, quando i tecnici inglesi raggiungevano Bologna per imparare a usare il mulino da seta e, tornati in patria, riferivano di aver appreso il “maneggio” del telaio. Le varie storpiature d’oltremanica del termine appreso in bolognese hanno portato all’odierno “management”.
In ogni caso possiamo condividere che il manager è colui che è sì capace di gestire e risolvere, ma anche – e soprattutto – colui che è in grado di condurre. Eppure, nella quotidianità, quante volte chi si trova a dover gestire i propri collaboratori preferisce sbrigare molte attività in prima persona piuttosto che delegare agli altri?