Ora che abbiamo descritto meglio qual ĆØ la natura della blockchain, si inizia forse a intravedere perchĆ© il limitarla al solo ambito delle criptovalute avrebbe quasi il sapore di unāoccasione mancata. Sono infatti diversi gli scenari che la vedrebbero bene nel ruolo di protagonista e non cāĆØ dubbio che siano destinati a moltiplicarsi.
Pensiamo per esempio al tema della contraffazione. Una ricerca condotta dallāEuipo, lāUfficio dellāUnione europea per la proprietĆ intellettuale, ha stimato che la contraffazione sottrae circa 60 miliardi di euro in Europa, di cui 8,6 miliardi nel mercato italiano, pari al 7,9% delle vendite totali.
Gli effetti negativi della contraffazione si riverberano anche sul mercato del lavoro se si pensa che questo fenomeno provoca una perdita di 52.705 posti di lavoro ogni anno.
Senzāaltro, uno dei settori piĆ¹ colpiti dal tema della contraffazione ĆØ quello della moda.
Una ricerca condotta nel novembre 2017 da MarkMonitor, azienda specializzata nella protezione del brand online, aveva rivelato che il 47% dei brand di moda perde vendite e ricavi a causa di merci contraffatte o pirata reperibili online, e uno su tre registra una perdita superiore al 10%.
Sono dati che mostrano come avere a disposizione uno strumento in grado di tracciare la filiera, anche solo del comparto moda, potrebbe rivelarsi strategico e avere un impatto notevole in termini economici. Pensate allāoggetto che oggi usiamo con piĆ¹ frequenza: lo smartphone. Ora associatelo a unāapp che occupi pochi megabyte. Tanto basterebbe, grazie alle opportunitĆ offerte dalla blockchain, per poter conoscere in pochi attimi tutta la storia di un capo di abbigliamento e quindi convalidarne lāoriginalitĆ . Smartphone e blockchain costituirebbero cosƬ un binomio fondamentale per cambiare le dinamiche di un mercato che al momento non sembra aver trovato le giuste strategie di difesa di fronte alle immense ramificazioni della contraffazione.
E se ultimamente cāĆØ un gran parlare attorno al tema delle fake news con tanto di forte sensibilizzazione da parte dellāopinione pubblica, ĆØ innegabile che le maglie della Rete siano larghissime e che Internet pulluli di elementi che nessuno si prende la briga di verificare e certificare e che invece vengono assorbiti da molti come veritĆ assolute, o quantomeno lasciati passare come veritieri, degni di fiducia. In questo caso, uno strumento che permette di convalidare informazioni con il grado di certezza reso possibile dalla blockchain significherebbe letteralmente ridefinire le regole del Web.
E le carte in tavola, la blockchain, potrebbe cambiarle anche per quanto riguarda la certificazione delle competenze. Pensiamo al mondo della consulenza e della formazione, un mercato che nei prossimi dieci anni possiamo ipotizzare in forte crescita, grazie anche alla spinta dei numerosi freelance che giĆ oggi ne stanno rinfoltendo le fila. In un mondo in cui molti curricula riportano informazioni scarsamente aderenti alla realtĆ e in cui i social professionali non hanno un presidio sui dati inseriti, un meccanismo di validazione delle competenze che passi da una tecnologia come quella della blockchain potrebbe significare andare a creare una banca dati mondiale per certificazioni, titoli di studio, corsi e cosƬ via. Un argine piĆ¹ che solido alla deriva delle competenze millantate e dei titoli mai posseduti, con risvolti importanti anche sul tema del recruiting e dello sviluppo personale. In futuro potremmo infatti anche accedere a un database di competenze richieste a livello europeo per un determinato ruolo, cosƬ da poter andare a colmare eventuali lacune in autonomia.