Testimonianza di Pasquale De Felice
Il futuro del retail
Il mondo del retail sta vivendo una trasformazione senza precedenti che ridefinisce radicalmente le logiche sinora adottate. Un elemento chiave di questo cambiamento è l’integrazione tra la tecnologia e l’esperienza fisica di acquisto che crea una potente sinergia tra i metodi tradizionali e le nuove soluzioni. La realtà aumentata e il 3D, ad esempio, consentono ai consumatori di ottenere informazioni dettagliate sui prodotti in modo interattivo e coinvolgente, rendendo il processo di vendita più facile e piacevole. Inoltre, l’accesso ai dati e alle analisi avanzate permette di adattare le strategie di vendita e migliorare l’esperienza del cliente.
Un ulteriore aspetto cruciale di questa trasformazione riguarda la transizione da una distribuzione frammentata, tipica dell’Italia ma non solo, a uno sviluppo sempre più diffuso di catene organizzate, persino in settori in cui tale fenomeno era inusuale in passato, come quello delle farmacie.
Questa evoluzione porta anche a un cambio di logiche gestionali, con l’emergere di approcci aziendali tipici delle multinazionali. Questo implica che i responsabili dei negozi debbano seguire delle precise strategie aziendali, affrontare aspetti poco considerati fino ad ora come, ad esempio, la customer experience e, infine, allinearsi a mission, vision, obiettivi e valori aziendali.
Mentre alcuni settori hanno già sperimentato questa trasformazione su larga scala, altri, come le farmacie, stanno iniziando questo processo. Attualmente, meno del 10% delle farmacie in Italia fa parte di catene organizzate, ma si prevede che entro una decina d’anni quasi la metà delle farmacie sarà affiliata a catene. Questa tendenza si estenderà anche ad altri settori, come le gelaterie o le tabaccherie.
Di conseguenza, le esigenze dei rivenditori e delle aziende stanno subendo cambiamenti significativi. I commerciali dei diversi prodotti, abituati a visitare negozio dopo negozio e a stabilire relazioni one to one, si trovano ora a dover interagire con interlocutori di livello più alto, dove si negoziano accordi secondo le logiche della grande distribuzione, anziché basarsi quasi esclusivamente su rapporti personali.
Questo comporta la necessità di avere meno personale presente sul campo, ma con competenze diverse rispetto a quelle richieste fino ad oggi.
Anche nel retail, quando un’attività commerciale risulta redditizia, viene spesso acquistata da società finanziarie e fondi d’investimento, e da quel momento gli obiettivi di profitto e margine guadagnano spazio in modo preponderante, a differenza del passato, quando passione per il prodotto aveva un ruolo centrale.
Abbiamo intervistato Pasquale de Felice, CEO e co-fondatore di Pharma Green Holding, per parlare delle evoluzioni nel mondo retail e sono emersi spunti molto interessanti che ci fa piacere condividere.
Come si è evoluta la tua esperienza in ambito retail?
La mia famiglia aveva una piccola azienda retail, eravamo azionisti di alcuni Cash & Carry in ambito grocery, e per questo ho respirato quell’aria sin dalla giovane età, presenziando ai board dell’azienda.
Qualche anno dopo, in Bain & Company, mi sono occupato di strategie commerciali con focus particolare sull’execution del punto vendita nel mondo del largo consumo, con l’obiettivo, naturalmente, di incrementare le vendite.
Anche durante la mia esperienza in Perfetti mi sono occupato trasversalmente di retail. In Perfetti è molto chiara l’importanza e la centralità del punto vendita e il mio obiettivo è stato quello di focalizzare la strategia aziendale mettendolo al centro, insieme al consumatore, con l’obiettivo di massimizzare il sell-out.
Anche nel settore del farmaco il retail è diventato strategico, specie dopo il 2017, anno in cui è iniziata una importante liberalizzazione del settore. Proprio in virtù di queste prospettive abbiamo deciso di investire nel settore: abbiamo raccolto capitali e competenze per fondare Pharma Green, società di cui sono co-fondatore e CEO, con l’obiettivo di creare una catena di farmacie che dia valore al cliente/paziente sotto tutti i punti di vista.
Cosa è cambiato negli ultimi anni in ambito retail, in particolar modo nel settore delle farmacie?
Tutti i settori retail sono in grande fermento, e sono diverse le sfide che stanno affrontando: e-commerce, digitalizzazione dei punti vendita, intelligenza artificiale, people management (big resignation e quite quitting).
Il mercato della farmacia in Italia, nello specifico, è ancora estremamente frammentato e costituito prevalentemente da farmacie autonome. Il trend è però in costante cambiamento e su 20.000 farmacie solo circa il 5% fa parte di catene organizzate, cioè solo un migliaio, anche se ogni anno il numero aumenta.
Negli ultimi anni poi il mondo delle farmacie è cambiato significativamente e fenomeni diversi quali la liberalizzazione e la pandemia hanno fatto passare il settore da statico a dinamico, accelerando lo sviluppo dei servizi.
Il periodo pandemico in particolare ha fatto conoscere la diagnostica ed ha cambiato il mindset dei pazienti, facendo comprendere appieno il potenziale valore aggiunto dei servizi per la farmacia, da sempre chiaro in teoria ma che raramente si traduceva in pratica.
Ad oggi la quota di fatturato dei servizi è ancora minima ma è previsto che nei prossimi anni la centralità del cliente e dei suoi bisogni trasformino il ruolo del farmacista, che diviene un ausilio del medico, affiancandolo di fatto sia per l’aderenza alla terapia che per la diagnosi di primo livello.
Come avverrà l’integrazione del retail nel mondo digitale?
Intelligenza artificiale e digitalizzazione del retail per renderlo sempre più veloce e performante costituiranno la vera innovazione che permetterà di migliorare notevolmente i servizi offerti.
La digitalizzazione e le nuove tecnologie AI, infatti, potranno sempre più sostituirsi allo store assistant, permettendo al cliente di interrogare direttamente sul punto vendita l’intelligenza artificiale, integrando l’esperienza fisica con la parte informativa e di consiglio.
Chiaramente in ambito medico è sempre un po’ più complicato. Parliamo della salute delle persone ma non c’è dubbio che anche questo settore, sia pure con velocità diverse e in modo regolamentato, si stia già muovendo in quella direzione, ad esempio con la presenza di box che forniscono l’informazione ed erogano farmaci anche al di fuori dei confini della farmacia stessa.
Io sono comunque dell’idea che l’interazione fisica tra farmacista e cliente non potrà mai venire completamente sostituita, perché la centralità delle competenze del farmacista e la capillarità della farmacia sul territorio resteranno indispensabili per creare il valore aggiunto dei servizi come, ad esempio, il delivery a casa per gli anziani e malati.
Esistono significative differenze tra il settore retail in Italia rispetto ad altri paesi?
Penso che siamo in un percorso di avvicinamento: il gap da colmare è ancora ampio anche perché l’età media del consumatore in Italia è più alta rispetto ad altri paesi, ma sicuramente nei prossimi vent’anni il settore sarà ammodernato e ci troveremo allineati ai modelli anglosassoni. In alcuni casi, come ad esempio food retail, stiamo facendo passi da gigante, ma anche altri settori stanno colmando il gap.
Come sta cambiando il rapporto con il consumatore?
La conoscenza delle esigenze del cliente risulta sempre più importante nei retail moderni, CRM evoluti ci insegnano a ‘leggere’ i clienti e in Italia siamo ancora distanti da questa evoluzione.
La relazione rimane centrale, specie in una farmacia dove la frequenza di visita del cliente/paziente è abbastanza alta (circa 2 volte al mese) e conoscerne la storia migliora la qualità della visita.
Lo store assistant diventa sempre più un mediatore rispetto alle informazioni che circolano su internet, in quanto la democratizzazione totale dell’informazione può portare paradossalmente a una disinformazione, specie in ambito farmaceutico-medicale.
Anche in farmacia, comunque, il cliente/paziente diventa sempre più consapevole, a volte facendo diminuire la fiducia nel professionista, e facendo di contro aumentare l’arroganza derivante dalla presunzione di sapere già tutto solo grazie alle informazioni reperite su internet.
Quali settori si stanno trasformando in modo più drastico e radicale?
Uno degli elementi dirompenti nel processo di trasformazione del retail è stato, qualche anno fa, l’arrivo di Amazon. Alcuni settori hanno aperto la strada come pensiamo al settore dei libri prima e dell’elettronica poi, mentre oggi è la GDO a innovare, specie per la parte di e-commerce e delivery, insieme al settore dell’abbigliamento con l’avvento del vintage.
Quali sono le nuove competenze che oggi un moderno retailer dovrebbe avere?
Sicuramente la capacità di gestire le informazioni per conoscere sempre più il cliente.
Altrettanto cruciale lo sviluppo della relazione, integrata da competenze di people management per aiutare i collaboratori nel processo di sviluppo, trasferendo le informazioni e lavorando sulla loro motivazione. Questo permette di lenire le conseguenze della difficoltà, sempre maggiore, di trovare persone competenti e motivate sul mercato. Non ultime competenze di controllo di gestione e gestione del conto economico, tema di cui il retail, in tempi di crescita, non ha mai sentito il bisogno ma che oggi, in un’epoca di competizione mondiale sempre più esasperata, diventano strategici.
Cosa manca secondo te nel retail in Italia in questo momento?
Io credo che il problema principale oggi sia quello del people management. Manca, soprattutto in Italia ma anche in Europa, la volontà di mettere le persone al centro, di renderle parte attiva e non passiva di un’azienda che crei valore per i clienti. Un ulteriore problema è costituito dalla debolezza delle infrastrutture digitali, specie se comparate con altri paesi europei, anche se il gap negli ultimi anni è leggermente diminuito. Mancano competenze digitali cosa che rende ancora più difficile l’utilizzo di strumenti evoluti: oggi i migliori software per le farmacie sono stati progettati negli anni ottanta e sono rari i casi di software nati dopo il 2010.
Che consigli daresti ad un retailer oggi?
Consapevole del rischio di ripetere cose già sentite molte volte, ritengo 3 cose molto rilevanti: conoscere bene le esigenze del tuo cliente agendo di conseguenza sulle diverse leve, snellire o digitalizzare i processi di acquisto nel punto vendita e infine prendersi cura delle persone che lavorano in azienda.
Il futuro del retail sarà quindi caratterizzato da un’integrazione sempre più stretta tra tecnologia ed esperienza fisica dei punti vendita che rivoluzionerà l’intera esperienza di acquisto. La realtà virtuale e l’intelligenza artificiale continueranno a ridefinire il modo in cui i consumatori interagiscono con i prodotti e i negozi e solo i retailer capaci di adattarsi a queste trasformazioni o che entreranno far parte di catene organizzate avranno un vantaggio competitivo, essendo in grado di sfruttare appieno le opportunità offerte dalla tecnologia per migliorare l’efficienza operativa, ottimizzare le strategie di vendita e offrire un’esperienza personalizzata ai clienti.
Tuttavia, affrontare questa transizione richiederà molto più che un semplice adattarsi alle nuove tecnologie. Le catene dovranno adoperarsi affinché i dipendenti sviluppino competenze, investendo nelle risorse umane, per permettergli di essere adeguatamente formati e pronti a gestire i cambiamenti. Le abilità legate alla tecnologia e alla gestione dei dati diventeranno sempre più cruciali ma solo insieme a una mentalità flessibile e all'apertura all'innovazione.
Mentre ci dirigiamo verso un futuro sempre più digitale è essenziale che le aziende siano pronte ad affrontare le sfide e a cogliere le opportunità che si presenteranno lungo il cammino. Solo attraverso una combinazione di adattabilità, innovazione e attenzione al cliente, il retail potrà prosperare.